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DON GIUSEPPE GANGI

ORATORIO

Don Giuseppe Gangi (1873-1946), direttore dell’oratorio dal 1901 al 1942: 41 anni di eroismi nemmeno tanto nascosti

UN DIRETTORE D’ORATORIO

COME DIO COMANDA

di Francesco Casella

Don Giuseppe Gangi, siciliano, direttore “perpetuo” dell’oratorio, opera principe della congregazione, incarna il prototipo di quei salesiani “in maniche di camicia” che si danno d’attorno da mane a sera non tanto a distribuire palloni quanto a educare con ogni mezzo i giovani a lui affidati, perché, come voleva Don Bosco, “si salvassero l’anima”. Il meglio di sé lo riservò a Caserta.

Non capita tutti i giorni che un superiore maggiore dia seguito alla richiesta di non trasferimento di un confratello a seguito di una lettera di “perorazione” di un vescovo. Non sono cose abituali in congregazione. Eppure quella volta capitò. La cosa andò così.

L’oratorio di Caserta 8 dicembre 1898

PRIMA OBBEDIENZA: ORATORIO

Inviato a formare la prima comunità di Caserta nell’ottobre del 1887, don Gangi fu nominato direttore dell’oratorio di quella città nel 1901. La situazione giovanile preoccupava non poco il vescovo monsignor Cosenza, il quale, quando finalmente vide che qualcosa stava cambiando, si affrettò a notificarlo addirittura nella sua relazione ad limina: “Da poco è stato istituito anche un “Ricreatorio” festivo, come dicono, e una Società di giovani dai Padri di S. Francesco di Sales, anche con il mio aiuto in denaro e lavoro, che procurano molto bene in mezzo agli adolescenti”. E l’8 maggio 1902, dopo un anno di servizio di don Gangi l’ispettore don Giovanni Marenco avvisava don Rua circa l’oratorio: «Ora va bene con soddisfazione di tutti». Tre anni dopo la bomba: don Gangi riceve l’obbedienza per Potenza. “Questa disposizione m’arreca non poco dolore”, scrive al Rettor Maggiore il vescovo, “perché il predetto Padre dirige qui il Ricreatorio festivo, che va benissimo. Allontanandosi egli da Caserta quest’opera […] andrebbe a finire”. Dicemmo che don Rua acconsentì a lasciarlo per altri quattro anni.

POI. ORATORIO

Lasciata Caserta, immaginiamo con un certo rimpianto, legittimo perché umano, andò a continuare il suo lavoro a Bari tre anni, successivamente al Vomero di Napoli, poi a San Saba di Roma, a Gualdo Tadino in Umbria, per tornare definitivamente a Caserta nel 1922.Tempra forte e virile, devoto di sua madre, di lei tracciò un ritratto, che potrebbe tranquillamente essere un autoritratto: “Donna retta e di gran sacrificio; carattere maschio e riflessivo; la sua vita fu amore e sacrificio confortato da Gesù”. Per 20 anni è stato un instancabile direttore spirituale, un formatore di coscienze un educatore del carattere dei suoi giovani Per raggiungere queste mete “l’oratorio era tutto per lui ed egli era tutto per il suo oratorio. Per esso seppe trasformarsi in meccanico, falegname, tipografo, pittore, fotografo, musico, direttore di scena, calligrafo, giardiniere, imbianchino”, senza mai dimenticare di essere prete, senza mai smettere di pregare, anzi.

IL DIRETTORE DELLE IMMAGINETTE

Associazioni e catechesi, messa domenicale e solennità liturgiche, gare catechistiche ed esercizi spirituali, feste, sport, musica, teatro. il piatto oratoriano è sempre uguale. Don Gangi usava tutti i mezzi classici di un oratorio salesiano. E li usava bene, anzi benissimo. Lo scopo, quello stesso di Don Bosco: fare onesti cittadini e buoni cristiani. Non mancavano mai gli esercizi spirituali prima di Pasqua; li concludeva con un “ricordo” che accompagnasse i giovani per il resto dell’anno, scritto generalmente dietro un’immaginetta. Anzi si può dire che i suoi messaggi li lanciava tutti attraverso immaginette.

L’intensa e infaticabile attività era sostenuta da una profonda vita interiore, che lasciava trasparire, tra l’altro, con il solennizzare le ricorrenze della sua vita religiosa. Anche in questo caso le immaginette erano il veicolo attraverso cui faceva passare i contenuti. Simpatico il testo per il 40° della sua vocazione (festeggiava anche questa ricorrenza!): “Catania, 26 maggio 1889. I salesiani fan del bene. Io che cosa ho fatto? Mi farò salesiano presto o tardi. Caserta 26 maggio 1929. Ho corrisposto? Dio solo lo sa; a Lui solo gloria e benedizioni eterne”.

LASCIARE E’ UN PO’ MORIRE

Nel 1942 a sessantanove anni era ancora direttore dell’oratorio. Per quei tempi un’eccezione. La gran maggioranza dei coetanei aveva ormai smobilitato. Non certo dal lavoro: le confessioni erano a volte un impegno molto gravoso, ma indubbiamente pochi sognavano di essere direttori dell’oratorio a quell’età. Lui era tra i pochi e non avrebbe voluto mollare. Ma era tempo. Anzi a dir la verità il tempo era passato da un pezzo. Se ne rese conto e, con certo rimpianto, ma in spirito di obbedienza, accettò la lettera che lo sollevava dall’incarico, il più salesiano, il più bello che aveva sempre avuto. Lasciare è un po’ morire e lui, come se fosse terminato lo scopo della sua vita, si ritirò in camera per prepararsi alla morte. A rendere più drammatici i tempi c’era la guerra. I bombardamenti continui indussero a sgombrare anche l’istituto salesiano. Lui rimase. Solo. Per custodire la casa, diceva. A tragedia si aggiunse tragedia quando i nazisti trucidarono i confratelli e i famigli sfollati a Garzano.

L’ULTIMO SANTINO

La fine della guerra coincise con il suo giubileo sacerdotale. Anche stavolta scelse la sua bella immaginetta e ci fece stampare dietro:

«Carissimo, il 21 c. m., se sono ancora in vita, si compie l’Anno Giubilare della mia Prima Messa. Sto male assai in salute e le feste non sono per chi sta male, il quale ha bisogno di essere lasciato tranquillo e in libertà.

Tuttavia ti assicuro che nella celebrazione della S. Messa non dimenticherò alcuno, perché tutti possiamo, per la misericordia di Dio, giungere alla vita eterna. Viviamo una vita di giustizia e di amore verso Dio, verso Maria, verso il nostro prossimo. Dio sia sempre benedetto!».

Fu il suo testamento spirituale. Il 21 dicembre celebrò nel raccoglimento il 50° di sacerdozio e pochi giorni dopo, il 15 gennaio 1946, morì. Sei anni dopo un giornale lo ricordava ancora: “Per don Gangi vivere significava soprattutto agire; infatti la sua vita fu una lotta contro l’ignoranza e contro quelle opinioni che […] minacciavano di fondare nelle anime giovanili una condizione di vuoto, d’inerzia e di squallore morale. Il suo linguaggio disadorno, secco, fatto di tizzoni incandescenti, bruciava ogni cosa”. Era proprio vero.

«Che cosa è l’Oratorio festivo?»

È un luogo dove, nei giorni festivi, vengono accolti tutti i giovani dagli otto anni in su, dalle 8,30 alle 11,30 e dalle 15 all’Ave Maria.

Che cosa si fa nell’Oratorio?

Si soddisfa al precetto divino di santificare la festa; si ha comodità di sollazzarsi onestamente; si apprende il catechismo; si è preparati per ricevere la Cresima, la prima Comunione e colla spiegazione del Vangelo s’impara a vivere da buon cristiano ed essere così la consolazione dei parenti e la gloria della patria.

Che cosa si richiede per l’ammissione?

  1. Andarvi;
  2. Essere pulito come comporta la propria condizione;
  3. aver desiderio di essere virtuoso.

Ai Genitori

Se volete il vero Bene dei vostri figli inviateli all’Oratorio Salesiano e curatene la frequenza.

Ai Giovanetti

Frequentate con assiduità e sacrificio l’Oratorio, a suo tempo conoscerete il gran bene ricevuto.

Il sapere fa ammirare l’uomo, la bontà lo fa amare; questa si cerca d’instillare nell’Oratorio.

Sapere e bontà rendono l’uomo perfetto; il primo si acquista nella scuola, la seconda nell’Oratorio» .

 

FONTE: Bollettino Salesiano