Scrivo a voi. Lettera da un ‘tribunale’.

Cari ragazzi,
ho riflettuto a lungo prima di scrivervi… ho riflettuto passeggiando nei nostri cortili che, finita l’estate ragazzi e l’estate giovani, sembrano in bianco e nero senza il colore delle vostre magliette colorate e la gioia della vostra presenza.
I gradini dell’anfiteatro sembrano assonnati e tristi sotto il sole di questi giorni e sembrano reclamare le vostre voci, i vostri inni, il vostro tifo, il vostro entusiasmo. In questo tempo, complice anche la pausa di tutte le attività, i nostri cortili sembrano surreali: senza ragazzi e giovani, fanno pure fatica a chiamarsi “cortili”. Perché, come diceva don Bosco, il cortile al pari della chiesa e della scuola è il “luogo” dell’incontro e della vita!  E questo vostro dare vita al cortile è stato un bel segnale per la nostra Città, il messaggio più bello di quella speranza che supera i nostri “interessi” e sterili “tornaconti”!
Non è vero che i ragazzi di oggi sono buoni a stare solo con il cellulare!

Cosa dire di voi animatori e arbitri? Il vostro impegno quotidiano, gratuito e generoso, per un mese intero, ha detto a tutti che di giovani buoni e generosi ce ne sono ancora e ce ne sono tanti e che bisogna solo offrire loro la possibilità di esprimere il bello che hanno dentro. E questo è un vanto per la nostra città e per la nostra terra. Certo il vostro entusiasmo avrà creato anche qualche disagio, ma il rumore delle voci festanti dei ragazzi si tollera e si comprende, come si tollerano e si comprendono le sirene spiegate dell’ambulanza. Fosse anche nel cuore della notte (si comprende e si tollera!) perché sai che è per un motivo più grande che quella sirena sta suonando: salvare una vita!
E non è forse stata la stessa cosa anche per voi?

“Tu sei un prodigio” vi siete ripetuti durante questi giorni! “Tu mi hai fatto come un prodigio” abbiamo pregato con don Giancarlo nella serata finale. Si, ragazzi, è proprio così: Voi siete un prodigio! Alcune volte non ci credete nemmeno voi, ma è così. E questa verità dovete gridarla a tutti. Adesso che sono qui, a distanza di qualche giorno dalla fine dell’estate ragazzi potrebbe sorgermi il dubbio che tutto quello che abbiamo fatto in questo mese sia già caduto nel dimenticatoio… le lacrime, gli abbracci, le promesse di incontrarsi presto…e poi? La tentazione di dire: ma chi ce lo ha fatto fare? Ricordate cosa vi ho detto durante una messa che ho celebrato con voi un sabato? Parlando di Marta e Maria, le due sorelle di Lazzaro, vi citavo anche “L’essenziale” di Marco Mengoni:
   Mentre il mondo cade a pezzi
   Io compongo nuovi spazi e desideri che
   Appartengono anche a te
   Che da sempre sei per me l’essenziale.

Sempre in quell’occasione vi dicevo che per noi cristiani, per noi salesiani, per me, l’essenziale non è un’idea, una filosofia, una moda…l’essenziale è una Persona che ha un volto ed un nome: Gesù di Nazareth! In questo trovo la risposta alla domanda di prima: Gesù Cristo e i valori belli di umanità che ha portato con sé, la voglia di educare, il vedere i vostri volti realizzati, credere nella collaborazione e nel sostegno reciproco, vedere gesti di perdono e di riconciliazione, tutto questo ci ha dato la forza e la gioia di stare insieme, tutto questo ce lo ha fatto fare!

Cari ragazzi, buona vita a tutti Voi!! E se don Bosco sarà riuscito a farvi vivere anche solo un istante di spensieratezza e di incontro con l’altro, avrà fatto già tanto in questo mondo che va sempre più di corsa e che ha messo al centro la competitività. Tornate presto a riempire di colori e di suoni i nostri cortili! Nonostante tante conseguenze, lo farei ancora non cento ma mille volte, perché così vorrebbe don Bosco.
Dimenticavo il tribunale e scusate se per qualche istante ho pensato che forse avremmo fatto meglio a togliere tutto di mezzo. Don Bosco non ce lo avrebbe perdonato. Saranno il tempo, la storia e Dio a giudicare, noi continuiamo a credere che per i giovani bisogna andare avanti fino alla temerarietà.
Pensiamo al nostro Padre, Maestro ed Amico don Bosco che  diceva: «Siamo condannati (notate il termine: condannati!) a vedere del bene da fare e non poterlo fare». Per lui era una condanna non poter fare tutto il bene che vedeva che si sarebbe potuto fare. Oppure pensate quando era ormai sul letto di morte, che diceva: «Certo che se avessi avuto un pochino più di fede, quante cose avrei potuto fare che non ho fatto!», e di cose ne aveva fatte, eh! Questo il senso del: “bisogna fare ancora, bisogna fare ancora”.
Ci ritroveremo, allora, con maggiori energie ed entusiasmo perché occorre andare  «avanti fino alla temerarietà»…come diceva don Bosco!

don Gino Martucci
Direttore dell’istituto salesiano di Caserta